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Bruno Munari, parafrasando una poesia di Jacques Prevert, era solito presentarsi in questo modo:


Autobiografia di Bruno Munari

 

Quello nato a Milano nel 1907

Quello delle Macchine inutili del 1930

Quello dei nuovi libri per bambini del 1945

Quello dell'Ora X del 1945

Quello delle Scritture illeggibili di popoli sconosciuti del 1947

Quello dei Libri illeggibili del 1949

Quello delle Pitture negative-positive del 1950

Quello delle Aritmie meccaniche del 1951

Quello delle Proiezioni a luce polarizzata del 1952

Quello delle fontane e dei giochi d'acqua del 1954

Quello delle Ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari del 1956

Quello del Portacenere cubico del 1957

Quello delle Forchette parlanti del 1958

Quello del design

Quello delle Sculture da viaggio del 1958

Quello dei Fossili del Duemila del 1959

Quello delle Strutture continue del 1961

Quello delle Xerografie originali del 1964

Quello degli Antenati del 1966

Quello del corso di design alla Harvard University USA del 1967

Quello della Flexy del 1968

Quello della grafica editoriale Einaudi

Quello dell'Abitacolo del 1971

Quello dei Giochi didattici di Danese

Quello dei colori nelle Curve di Peano del 1974

Quello dei Messaggi tattili per non vedenti del 1976

Quello dei bonsai

Quello dei Laboratori per bambini al museo del 1977

Quello delle rose nell'insalata

Quello della lampada di maglia

Quello dell'Olio su tela del 1980

Quello dei Filipesi del 1981

Quello dell’Alta tensione del 1991

Quello degli Ideogrammi materici del 1993

Quello premiato col Compasso d'Oro,

con una menzione onorevole

dall'Accademia delle Scienze di New York

e quello premiato dalla Japan Design Foundation

“per l'intenso valore umano del suo design”

Quello del premio Andersen per il miglior autore per l'infanzia

Quello del premio Lego


Premi e riconoscimenti attribuiti a Bruno Munari


Compasso d'Oro per il design, 1954 Compasso d'Oro per il design, 1955

Spiel gut, Ulm, 1971, 73, 87

Menzione onorevole dell'Accademia delle Scienze di New York, 1974

Premio Andersen, 1974 “Miglior autore per l'infanzia”

Compasso d'Oro per il design, 1979

Premio Japan Design Foundation, 1985

“Per l'intenso valore umano del suo design”

Premio Lego, 1986 “Per il suo eccezionale contributo allo sviluppo della creatività infantile”

Premio Accademia dei Lincei, 1988

“Per l'attività grafica”

Honorary Member C.C.V.A.A. Harvard University, Cambridge, USA

Laurea ad honorem in architettura, 1989 Università degli Studi di Genova

Compasso d'Oro alla carriera, 1995

 

Ognuno conosce un Munari diverso


Ancora oggi sono molti quelli che conoscono solo un Munari: il designer, il grafico, l’autore dei libri per bambini…

 

Vorrei ricordare come lui stesso, in occasione della sua mostra a Cantù nel 1995, si è presentato: “inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico, gioca con i bambini”, evidenziando l’importanza del gioco e dell’azione insieme ai bambini.


Mentre all’inizio della sua mostra antologica (Milano, Palazzo Reale 1986)

ha voluto fosse scritta questa frase che ben esprime la sua filosofia di vita:


“Conservare lo spirito dell'infanzia

dentro di sé per tutta la vita

vuol dire conservare

la curiosità di conoscere

il piacere di capire

la voglia di comunicare”


 

(All’interno della mostra funzionava un bellissimo laboratorio per bambini.)


Ma chi è Bruno Munari?

 

Ecco come l’artista racconta la sua nascita:

“All’improvviso, senza essere stato avvisato da alcuno, mi trovai completamente nudo, in piena città di Milano, la mattina del 24 ottobre 1907. Mio padre aveva contatti con le più note personalità della città, essendo cameriere al Gambrinus. Mia madre si dava delle arie ricamando ventagli”


Una volta, a questa domanda, un bambino mi ha risposto così: un inventore!

Che magnifica sintesi!


Andiamo a vedere come altri rispondono allo stesso quesito (e sono molti quelli che hanno evitato di affrontare l’argomento perché Munari li spiazzava con le sue continue nuove ricerche…)


 

Ernesto N. Rogers, architetto e professore presso il Politecnico di Milano, in un articolo del 1951 intitolato Trovare è la conseguenza di cercare, si chiede:

che cos’è Munari?

[…] “Noi abbiamo verbi in “are”; in “ere”; in “ire”; non abbiamo verbi in “ari”.

Munari è un’eccezione ed è un verbo attivo che ha solo l’infinito. Munari significa per esempio costruire “macchine inutili” che, in altri termini, sono oggetti assai utili (ma soltanto allo spirito). I bambini capiscono cosa voglia dire Munari e perciò Bruno si rivolge sovente a loro. […] Se fosse un musicista, Bruno ci inviterebbe a un concerto di maree, di piogge, di sete fruscianti, di stelle cadenti, di bisbigli. “ […] Rogers considera Munari un artista che desidera comunicare il mondo delle sue scoperte e un pedagogo che insegna a guardare e un pochino anche rimprovera “la nostra pigrizia mentale”. […]


 

Michel Seuphor scrive nel 1961: […] “Dire buongiorno Munari significa dare il buongiorno a un’arte leggera come la musica. Questo inventore ha introdotto lo humour nell’arte geometrica”. […]


 

“Un filosofo italiano” rispondeva Picasso a chi gli chiedeva chi avesse progettato quel gatto di gommapiuma sulla sua scrivania.


"Né pittore, né designer, né pedagogo, ma tutte queste cose insieme", Gillo Dorfles.

 

“Il nuovo Leonardo”, Umberto Eco.

 

“Un esploratore del noto”, un “nomade e apolide” a cui ben possono riferirsi i termini attuali di “trasversalità, globalità, extraterritorialità”, Marco Meneguzzo.


Un “uomo progetto”, Beppe Finessi.

 

E in Giappone Mu-Nari significa fare dal nulla!


(la ricerca continua…)